24 settembre 2006

Ecco perchè voglio andare in Giappone

Ero lì che mi leggevo "L’intelligenza è un prodotto di nicchia", decisamente un bel post (commenti inclusi), quando approfittando del link sono finito sulle pagine di Freddy Nietzsche.
Leggi e leggi e trovo questa simpatica rubrica: Lonely People.
Ovvero: tutto quello che non ti servirà quando sarai là ma che fa viaggio...
...che poi è quello che mi piace scrivere sui miei RoadBook.

Bè comunque sia, questo è il post su Kyoto (ricordo agli amici-amici che leggono, che abbiamo ancora "solo" sette anni per recarci colà).


Ora, io devo assolutamente raccontarvi questa tipica scena giapponese.
Luogo: Tourist Bureau (TIC) di Kyoto, dove ci rechiamo per tentare di riuscire a prenotare un paio di alberghetti in località così fuori rotta che nemmeno sto a dirvi. Il TIC di Kyoto si trova nell’avveniristica stazione centrale e, per la precisione al settimo piano di un grande magazzino tipo La Rinascente. Al TIC lavorano dei volontari che aiutano gratuitamente i turisti come noi in faccenduole un pochetto complesse, tipo telefonare ad una sperduta pensione giapponese in una località manga per chiedere se c’è posto.

Se ci provate da soli, ad esempio, tramite una qualunque normalissima agenzia turistica del centro, ecco… vabbè, guardate, lasciamo perdere. Noi abbiamo voluto provarci. Dopo mezz’ora di tentativi di comunicazione, usando anche il linguaggio dei muti e lo swahili, il tipo mi ha aperto l’atlante e puntando il dito sulla carta del Giappone mi ha detto, tutto felice e sudato: “We are in Kyoto, here” [leggasi: ui al in chioto, i al].
Ma torniamo alla nostra simpatica volontaria. Che mi specifica che devo darle un po’ di monetine per telefonare dall’apparecchio pubblico del grande magazzino. Ma scusi, non può telefonare dall’ufficio e dirci poi (taccagna) quanto le dobbiamo? No, bisogna farlo dal telefono pubblico, che accetta solo monete da 10 e 100 yen, non quelle da 50, né quelle da 500, e bisogna telefonare in piedi. Beh, ma almeno non può cambiarcele lei le monetine, che sa, non è che noi si vada in giro con i sacchi come Zio Paperone? No eh. Beh, guardi, io tremila yen in monetine da 10 e 100 non segnate e non marchiate all’infrarosso non le ho. Ah, ok, mi accompagna lei a cambiare ad una delle casse del grande magazzino. Grazie.

Alla cassa del grande magazzino lavorano in sei. Tenete presente che siamo in un Paese dove ogni incrocio stradale è governato da almeno sei vigili dotati di megafono per indirizzare la folla. Giuro. I sei componenti del “team cassa” sono così identificabili: tre stagisti in piedi appoggiati al muro, immobili, tutti e tre dotati di badge d’ordinanza. Due cassiere vere, badge pure loro. Un capobanda in gessato, con lo sguardo serissimo.
La mia volontaria chiede ad una cassiera di cambiare la mia banconota da mille yen. La cassiera interpellata si rivolge alla cassiera al suo fianco, che a sua volta interpella un po’ intimidita ed imbarazzata il capobanda. Il capobanda è molto serio, ascolta attentamente, annuisce, dà un paio di ordini secchi, tutti si inchinano, si avvicina alla cassa seguito dalle due cassiere, apre la cassa, blatera seccamente qualcosa, una delle due cassiere prende una calcolatrice gigante, tutti calcolano qualcosa e si passano le monetine, il capobanda alla cassiera, la cassiera all’altra cassiera, quest’ultima le mette su un piattino e le passa finalmente a me,
inchinandosi: nove monetine da cento yen e dieci monetine da dieci yen. Io mi inchino, tutti si inchinano verso tutti e, colpo di scena finale, anche gli stagisti si inchinano verso di me e mi ringraziano. Loro a me.

Carlo - www.orizzontintorno.com

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